Thursday, November 22, 2012

Flabby semmai factory + Anne-Katrin Schmid sound: Marianna Mendozza venerdì 23.11 alle ore 20.00 fino a giovedì 20.12. alle ore 23.00 sarajevo supermarket - Piazza Gesù e Maria 13bis - Napoli
L’installazione visivo-sonora Flabby, di semmai factory (Elena Averardi, Marina Iodice e Marina Sarracino), di Anne-Katrin Schmid e di Marianna Mendozza, attraverso l’esposizione di oggetti estetici effimeri – fragili creature sintomo di quella passione triste che è l’impolitica reclusione estetica degli individui nella evanescenza mediatica del godimento privato che connota la vita umana nell’epoca della sua spettacolarizzazione tardo capitalista – mira ad una riappropriazione della condivisione del sensibile. Con-divisione la cui posta in gioco è la partecipazione al conflitto estetico che ha luogo nell’arte quando non la si assume solo come ritualità espositiva ma come pratica performativa di interruzione del consenso ad un regime estetico egemone. Egemonia estetica che oggi si impone nell’arte contemporanea, tramite il sistema espositivo e mediale delle gallerie, delle curatele e della musealizzazione, come un regime anestetico che persegue la neutralizzazione mediatica dell’antagonismo estetico dell’opera e della sua istanza politica di riconfigurazione del sensibile destinando quest’ultima alla sua fruizione impolitica nella sfera privata del godimento. In questo senso Flabby esprime il tentativo di operare una rifocalizzazione estetica dell’arte come pratica che eccede ogni regime di normalizzazione del sensibile e come pratica di dissenso e di riconfigurazione del senso. Se da un lato i flabbies alludono alla fragilità a cui è esposto oggi ogni tentativo di condivisione estetica dell’essere-in-comune, dall’altro lasciano trasparire che solo nell’essere esposto dell’opera d’arte all’infinito del sensibile e del senso, all’insaturabile eccedenza dell’esperienza estetica, può darsi una riappropriazione e re-istituzione politica della polis in quanto agire comune sempre esposto ad essere e a non essere nea-polis. Carlo De Rita